Cannabis e medicina: le scoperte degli italiani
La medicina non si è fermata e in questi ultimi mesi sono diverse le scoperte scientifiche a opera di ricercatori italiani. Facciamo insieme il punto per capire il cambiamento che ci aspetta.
Cannabis e medicina: la svolta in dicembre
La prima novità è arrivata un paio di mesi fa con la rimozione ufficiale della cannabis dall’elenco delle sostanze pericolose.
La scelta è stata della Commissione delle Nazioni Unite sugli Stupefacenti, che si è riunita per votare le misure proposte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Una decisione importante questa, perché ha finalmente riconosciuto il valore terapeutico di questa sostanza. Quasi un salvataggio in extremis, se consideriamo che solo pochi mesi prima in Italia la cannabis light stava per diventare illegale.
Un punto di partenza importante, un passepartout verso un futuro che riconosca i benefici che questi prodotti sono in grado di comportare.
Cannabis e Covid-19
Tra le prime ricerche affrontate, dovute alla necessità di sconfiggere la pandemia globale, c’è quella sui benefici che la cannabis e i suoi principi attivi potrebbero portare nel trattamento del Covid-19.
Molti gli studi scientifici già pubblicati, pochi (anzi nessuno) i governi o gli ospedali disposti a provare.
Il primo, in Italia, a parlare di questo argomento è stato il dott. Michele Priviteria che, al sito Cannabis Terapeutica avevo detto: «Quando ci infettiamo con il virus, lui entra nelle cellule e le danneggia creando una prima risposta infiammatoria. Dopodiché i pazienti in cui si complica la situazione vanno in rianimazione per la risposta infiammatoria esagerata scatenata dal virus. Questo è un meccanismo in cui la cannabis va ad agire come immunomodulatore. In quest’ottica, come è già stato dimostrato nel trattamento di polmoniti dovute ad altri agenti virali che danno quadri patologici simili, la cannabis ha dimostrato di poter migliorare la risposta infiammatoria. Da medico – ha continuato il dott. Priviteria – penso che quantomeno la prova si debba fare.»
Una nuova classe di cannabinoidi
L’ultima scoperta, in ordine di tempo, è completamente italiana e può davvero cambiare il modo di vedere la cannabis nella medicina. Gli ingredienti di questa storia? Cannabis medica italiana e un finanziamento pubblico.
Lo studio, già pubblicato su Scientific Reports, è uno degli effetti indiretti della decisione presa dall’ONU in dicembre. Il risultato è l’identificazione di una nuova classe di cannabinoidi.
A spiegarlo con parole semplice, a Il Fatto Quotidiano, è Livio Luongo, professore associato di Farmacologia presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. «La differenza tra la cannabis e le altre piante è che in queste ultime si trovano al massimo due o tre principi attivi utili all’uomo, mentre nella cannabis sono stati trovati tanti composti attivi farmacologicamente che possono essere utili in molte patologie diverse tra loro. In genere si parla di piante officinali, ma la canapa è una vera e propria officina di molecole utili.»
Secondo Giuseppe Cannazza, ricercatore all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, consulente dell’OMS e collega di Luongo in questa ricerca, «è come se fosse una piccola industria che possiamo dirigere verso patologie specifiche. Ogni varietà ha una propria composizione chimica e ciascuna varietà potrebbe essere vantaggiosa per una determinata patologia.»
Fieri dei ricercatori italiani che si contraddistinguono anche a livello internazionale, attendiamo fiduciosi il futuro certi che nuovi risultati non tarderanno ad arrivare.
Perché la decisione delle Nazioni Unite è stata una svolta?
La decisione di rimuovere ufficialmente la cannabis dall’elenco delle sostanze pericolose è stata importante perché ha dato il via libera a nuove ricerche mediche.
La cannabis può combattere il Covid-19?
Secondo numerosi studi già pubblicati, la cannabis è in grado di agire come immunomodulatore migliorando la risposta infiammatoria.
Perché è importante scoprire nuove classi di cannabinoidi?
Ogni varietà ha una propria composizione chimica e scoprire nuove classi di cannabinoidi potrebbe essere vantaggioso per determinate patologie.